In tema di separazione o divorzio dei coniugi, il provvedimento di assegnazione della casa familiare determina una cessione “ex lege” del contratto di locazione, a favore del coniuge assegnatario e l’estinzione del rapporto in capo al coniuge originariamente intestatario del contratto. Questo è quanto stabilisce l’art. 6 della Legge n. 392/78, in caso di immobili urbani ad uso abitativo. L’estinzione del rapporto in capo al coniuge non assegnatario si verifica anche nelle ipotesi in cui entrambi i coniugi abbiano sottoscritto il contratto di locazione originario, succedendo in tal caso l’assegnatario nella quota ideale dell’altro coniuge (Cassazione Civile Sez. III 30.4.2009 n. 10104).
Recentemente, con la sentenza n. 27441 del 30 ottobre 2018, la Corte di Cassazione ha precisato che: “il locatore, pur in presenza di una successione nel contratto di stampo legale e non negoziale, abbia, in ogni caso, il diritto di conoscere quale sia il soggetto divenuto nuovo titolare dei diritti e degli obblighi scaturenti dal rapporto, sia per un controllo della regolarità della vicenda traslativa, sia per l’individuazione della controparte interessata alle future vicende contrattuali (quali, a titolo meramente esemplificativo, la rinnovazione, l’aggiornamento del canone, la risoluzione)”.
Secondo la giurisprudenza, nella successione si realizza, virtualmente, una sorta di riconsegna al locatore dell’immobile e la consegna del bene al nuovo conduttore e la legge scioglie il meccanismo della solidarietà (altrimenti vincolante entrambi i coniugi), dal momento della comunicazione al locatore dell’avvenuta separazione e solo per i debiti maturati successivamente.
Nel caso in esame, la conduttrice di un immobile concesso in locazione all’ex coniuge, successivamente ceduto in suo favore per effetto dell’assegnazione della casa coniugale in sede di separazione consensuale, aveva proposto opposizione al decreto ingiuntivo per canoni di locazione scaduti e rimasti impagati, eccependo l’intervenuta prescrizione del diritto di credito del locatore.
Secondo l’opponente, le diffide di pagamento inviate dal locatore all’ex coniuge, originario intestatario del contratto non potevano svolgere l’efficacia interruttiva della prescrizione, stante l’intervenuta successione nel contratto del coniuge assegnatario. Tale tesi fu accolta sia dal giudice di primo grado, sia dalla Corte d’Appello.
La Corte di Cassazione ha, però, ritenuto che il silenzio di entrambi gli ex coniugi sul verificarsi della successione fosse altamente in contrasto con il generale principio di buona fede nell’esecuzione del contratto, disciplinato dall’art. 1375 c.c. Da un lato l’invio delle richieste di pagamento da parte del locatore all’ex marito erano giustificate dalla mancata comunicazione dell’intervenuta successione, dall’altra, astenendosi dall’informare della successione, la resistente ha manifestato l’interesse a che l’esercizio delle pretese creditorie fosse erroneamente indirizzato nei confronti di un soggetto non più legittimato passivamente.
Secondo la Corte, in questo caso l’art. 1375 c.c. interviene in chiave manutentiva, correggendo questo squilibrio conoscitivo, a tutela del creditore: l’invio delle diffide all’ex coniuge, originario conduttore, nella situazione di incolpevole conoscenza della successione, fa sì che gli effetti siano riferibili alla nuova conduttrice, come se il marito avesse avuto una sorta di potere di rappresentanza senza spendita del suo nome a riceverli. La Suprema Corte ha pertanto accolto il ricorso e cassato la sentenza di secondo grado.